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Che cos'è il Buddismo?


Non è facile definire a parole che cos'è il Buddismo, soprattutto per gli occidentali, abituati a classificarlo come una "religione" o come un "credo".

Non è propriamente una religione, né una filosofia, né una scienza psicologica, né una tecnica di meditazione, tuttavia ha qualcosa in comune con tutte queste discipline.

Nel Buddismo troviamo concetti e pratiche apparentemente semplici, comprensibili per tutti, che però ci introducono ad un modo di vedere l'esistenza umana e conseguentemente ad un modo di viverla, con lo scopo di ottenere la "cessazione della sofferenza" soprattutto attraverso quella che potremo chiamare "pura consapevolezza" che conduce al "risveglio".

Tutti concetti letteralmente banali, ma che normalmente richiedono anni di pratica e di studio per essere a malapena compresi!

Semplificando, si potrebbe dire che tutte le religioni invitano a "guardare in Cielo" e cercare lassù risposte, divinità, interlocutori vari. Nel percorso buddista si cerca "dentro" di sé, perché anche il mondo esterno, comunque, viene visto, vissuto e interpretato dalla nostra mente.

Quindi a noi in realtà sembra di vivere in un dato contesto, circondati da varie persone, tuttavia in fin dei conti noi viviamo nel mondo creato dalla nostra mente, non perché soffriamo di allucinazioni, ma perché "niente è veramente come ci sembra". Essere consapevoli di ciò, tuttavia, ci avvicina ad una visione profonda e più autentica delle cose.

Nel Buddismo quindi non si propongono rivelazioni speciali, né dogmi, né ideologie, né divinità. Tutto parte dal vuoto silenzio meditativo. Dalla pratica discende l'esperienza della consapevolezza, che non ha nulla di trascendente, è il "semplice" essere qui ed ora.

Sebbene il Buddismo parli da millenni della Legge di Causa- Effetto, dell'impermanenza, della vacuità e relatività di tutte le cose, tuttavia esso non si occupa di svelare misteri né di rivelare agli uomini i segreti dell'universo, semmai chiede di lasciar cadere le domande, le preoccupazioni, le illusioni, le ossessioni, le questioni esistenziali, per avviarsi a risvegliare la mente con l'insegnamento del Buddha.

Chiunque si avvia in questo sentiero, nel modo che gli è più congeniale, potrà scoprire egli stesso la meravigliosa Via che ci libera dal nostro "io", dai nostri attaccamenti, dalle nostre avversioni, dalle nostre illusioni e dal nostro errato pensiero dualista e dogmatico.

La felicità può essere uno stato "normale" che può essere realizzato in modo immediato, senza che debba dipendere dalle innumerevoli condizioni che la nostra stessa mente crea.

La "cessazione della sofferenza", di cui ci parlano le Quattro Nobili Verità, non significa tuttavia che un buddista sia immune da dolore, né che abbia sviluppato particolari capacità di "sopportazione".

Cos'è la cessazione della sofferenza? Non è un super-potere, ma 

uno stato della mente, finalmente guidata da comprensione, consapevolezza, moralità e saggezza, anzichè da odio-bramosia-illusione.

Attraverso questa via, che qui riassumiamo molto schematicamente, non siamo più schiavi della logica piacere- dispiacere, successo-insuccesso, soggetto-oggetto, e di tutti gli altri schemi dualistici, bensì svilupperemo quell'atteggiamento di "neutralità" ed "equanimità" che consente di vivere ciò che semplicemente accade con consapevole tranquillità.

Comunque, la PRATICA BUDDISTA più utile ed efficace, è da molti ritenuta la MEDITAZIONE VIPASSANA, ma è inutile meditare anche in modo perfetto se non siamo ispirati dalla compassione amorevole per tutti gli esseri viventi, dallo studio costante, dalla corretta comprensione dell'impermanenza, dal lavoro su noi stessi, anche attraverso l'osservanza dei precetti, che non sono comandamenti, pur presentandosi sottoforma di norme morali, bensì si tratta di comportamenti che aiutano a purificare la mente e a predisporla al cammino della pratica.


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